Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 20 giugno 2019, n. 4243.
La massima estrapolata:
Le ipotesi di annullamento con rinvio al giudice di primo grado previste dall’art. 105 c.p.a. hanno carattere eccezionale e tassativo e non sono, pertanto, suscettibili di interpretazioni analogiche o estensive.
Sentenza 20 giugno 2019, n. 4243
Data udienza 21 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 9213 del 2018, proposto da
Co. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Re. Or., Fr. Pa. e Ro. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di (omissis), Comune di (omissis), non costituiti in giudizio;
nei confronti
Co. s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fe. Ch., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Mo. Ba. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, Sezione Prima, n. 508/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Co. s.c.a.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019 il consigliere Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Re. Or., Ro. Ga. e Fe. Ch.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con determinazione n. 106 del 7 aprile 2017 il Comune di (omissis) ha indetto una procedura aperta, da svolgersi mediante Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di (omissis), per l’affidamento dell’appalto di lavori denominato “Programmi innovativi in ambito urbano: Contratti di quartiere II- Riqualificazione funzionale delle aree dell’ex mattatoio comunale”, per complessivi euro 2.500.000,00, comprendente lavori in appalto per euro 1.976.912,61, di cui euro 79.231,67, per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso.
1.1 All’esito delle operazioni la gara è stata aggiudicata alla ditta Co. s.c.a.r.l. (di seguito “Co.”), giusta determinazione del Comune Reg. Gen. n. 5-Reg. Sett. n. 2 dell’11 gennaio 2018.
2. Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata Co. s.r.l. (di seguito “Co.”), seconda graduata, è insorta avverso l’aggiudicazione e tutti gli altri atti della procedura (comunicazione di aggiudicazione dell’appalto ai sensi dell’art. 76, comma 1, D.lgs. n. 50 del 2016 ed avviso relativo, tutti i verbali di gara, l’avviso n. 3 “Chiarimenti”, ed ogni altro atto presupposto, preordinato, connesso, conseguenziale ed esecutivo)
2.1. Co. ha inoltre impugnato il bando e il disciplinare di gara, e ha chiesto anche la declaratoria di inefficacia dell’eventuale contratto medio tempore stipulato, con la relativa determinazione alla stipula.
2.2. La ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di censura: “I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 95 del d.lgs. 50/2016 e dei punti 11.3 e 12 del disciplinare di gara. Violazione e falsa applicazione del decreto ministeriale 18 aprile 1995, degli articoli 136, 143, 246 del d.lgs. n. 42 del 2004, dell’articolo 2 del d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31, del piano territoriale paesistico di aria vasta del Metapontino, dell’art. 8 del disciplinare di gara. Violazione del principio della par condicio. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, disparità di trattamento, grave travisamento dei fatti, erronea presupposizione, ingiustizia manifesta; II. Violazione e falsa applicazione del punto 11.3 del disciplinare di gara. Violazione dei principi generali in materia di appalti per mancata esclusione di offerta indeterminata e incompleta e per disparità di trattamento tra i concorrenti”.
2.2. Si è costituita in giudizio per resistere al ricorso la controinteressata Co. eccependo, in rito, l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, la sua infondatezza, mentre non si sono costituite le Amministrazioni intimate.
3. Con la sentenza in epigrafe, resa ai sensi dell’art. 60 Cod. proc. amm.m previi avvisi alle parti costituite, il Tribunale amministrativo ha dichiarato inammissibile il ricorso in quanto notificato alle Amministrazioni intimate ad un indirizzo di posta elettronica certificata presso recapiti solo dichiaratamente tratti “dal registro pubblico delle P.A.” tenuto dal Ministero della Giustizia (previsto dall’art. 16, comma 12, d.l. n. 179 del 2012), ma in realtà desunti dagli elenchi IPA.
3.1. In particolare, il tribunale, pur consapevole del differente orientamento giurisprudenziale, ha ritenuto che la notificazione ad un indirizzo di posta elettronica certificata tratto dall’elenco presso l’Indice IPA non costituisse mera irregolarità, ma causa di nullità della notifica telematica, tanto più che, in mancanza di costituzione delle amministrazioni intimate, non poteva neppure ritenersi soddisfatto il principio del raggiungimento della scopo; ha perciò ritenuto mancanti nella fattispecie i presupposti di cui all’art. 37 Cod. proc amm. per la concessione dell’errore scusabile, incombendo sul ricorrente l’onere di verificare se i recapiti p.e.c. siano utili ai fini della notificazione dei ricorsi in vigenza del P.A.T. (mediante semplice consultazione dei registri individuati dalle norme di riferimento) e che fosse comunque irrilevante la circostanza che le amministrazioni pubbliche in questione non avessero provveduto ad aggiornare, comunicandolo al Ministero, l’indirizzo di p.e.c. ai fini delle notifiche.
4. Per la riforma della sentenza ha proposto appello Co., deducendone l’erroneità e l’ingiustizia con un unico ed articolato motivo con cui ha lamentato “Error in iudicando: violazione degli artt. 24, 113 e 97 Cost. nonché dell’art. 6 della CEDU. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 37 c.p.a. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione, della irragionevolezza, illogicità e incongruità “.
4.1. Co. ha, infatti, censurato la tesi del primo giudice, evidenziando come essa fosse contradetta dalla prevalente giurisprudenza secondo la quale tale circostanza non determina la nullità insanabile della notifica, ma ne giustifica la rinnovazione sussistendo i presupposti per la concessione dell’errore scusabile (quanto meno sotto il profilo dell’esistenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto), specie allorquando l’Amministrazione non abbia assolto all’obbligo di comunicazione e inserimento di altro e diverso indirizzo nell’elenco tenuto dal Ministero, in violazione dei principi di autoresponsabilità, legittimo affidamento e del canone di lealtà ; ha, in dettaglio, richiamato i precedenti di questo Consiglio, secondo i quali, per un verso, dall’eventuale assenza nell’indirizzo PEC di una Pubblica Amministrazione non potrebbero comunque derivare preclusioni processuali per la parte privata (cfr. Cons. di Stato, III, 5 febbraio 2018, n. 744) e, per altro verso, dopo l’entrata in vigore del processo amministrativo telematico, la notifica del ricorso all’amministrazione a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo tratto presso l’Indice PA è pienamente valida ed efficace (Cons. di Stato, V, 12 dicembre 2018, n. 7026); ha, in conclusione, chiesto di essere rimessa in termini ai fini del rinnovo della notifica di primo grado alle Amministrazioni resistenti.
4.2. Si è costituita in giudizio la ditta Co. la quale ha ribadito in limine l’inammissibilità del ricorso del prime cure per le ragioni, prioritarie ed assorbenti, connesse alla modalità della notifica (da ritenersi nulla, e non meramente irregolare) riscontrate dal Tribunale: ha poi eccepito, in rito, l’inammissibilità dell’appello in relazione alla violazione del c.d. divieto di nova, per avere Co. richiesto solo nel presente giudizio di essere rimessa in termini per il rinnovo della notifica (sebbene fosse stata tempestivamente notiziata sia da controparte, sia dal primo giudice del rilevato profilo di inammissibilità del ricorso di prime cure) e, nel merito, ha comunque argomentato l’infondatezza dell’appello, richiamandosi integralmente alle difese ed eccezioni svolte e alla documentazione prodotta in primo grado.
4.3. Non si sono invece costituite neanche nel presente giudizio le Amministrazioni appellate.
4.4. Respinta con ordinanza n. 6253 del 21 dicembre 2018 la domanda cautelare incidentalmente formulata dall’appellante per difetto di un pregiudizio grave e irreparabile (stante l’intervenuta sottoscrizione medio tempore del contratto tra la Co. e il Comune), all’udienza pubblica del 21 marzo 2019, il Presidente ha informato le parti presenti, ai sensi dell’art. 73, comma 3, Cod. proc. amm., che il Collegio avrebbe valutato la possibilità di dichiarare inammissibile il ricorso in appello per mancata riproposizione dei motivi di ricorso non esaminati dal primo giudice.
4.5. Quindi, udita la discussione dei difensori delle parti costituite anche in relazione a tale ultima questione sollevata d’ufficio, il Collegio ha riservato la decisione.
DIRITTO
5. L’appello è inammissibile.
5.1. Come statuito dalla giurisprudenza (e, in particolare, da Cons. di Stato, Ad. Plen. 30 luglio 2018, n. 10; Ad. Plen. 5 settembre 2018, n. 14), in coerenza con il generale principio dell’effetto devolutivo – sostitutivo dell’appello, le ipotesi di annullamento con rinvio al giudice di primo grado previste dall’art. 105 Cod. proc. amm. hanno carattere eccezionale e tassativo e non sono, pertanto, suscettibili di interpretazioni analogiche o estensive.
5.2. Se, dunque, neppure la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, anche ove si sia tradotta nella mancanza totale di pronuncia da parte del primo giudice su una delle domande del ricorrente, costituisce un’ipotesi di annullamento con rinvio, sì che la causa, rilevato l’errore, deve comunque essere decisa dal giudice d’appello, è stato inoltre affermato, ai fini che qui in particolare interessano, che anche l’erronea dichiarazione di irricevibilità, inammissibilità o improcedibilità del ricorso di primo grado non costituisce, di per sé, un caso di annullamento per rinvio: in tale evenienza, infatti, la chiusura in rito del processo non determina, ove la questione pregiudiziale sia stato oggetto di dibattito processuale, la lesione del diritto di difesa, né tanto meno un caso di nullità della sentenza o di rifiuto di giurisdizione.
5.3. Ne consegue che, mentre nei casi di cui all’art. 105 Cod. proc. amm., stante la natura indisponibile dei rapporti tra giudice di primo grado e giudice di appello, quest’ultimo deve procedere all’annullamento con rinvio anche se la parte omette di farne esplicita richiesta o chiede espressamente che la causa sia decisa in secondo grado, viceversa, nei casi di inapplicabilità della citata norma processuale, la possibilità per il giudice di appello di pronunciarsi sulle domande o su quelle non esaminate in primo grado o erroneamente dichiarate irricevibili, inammissibili, improcedibili presuppone necessariamente che ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. queste ultime siano oggetto di rituale riproposizione. In caso contrario opera la presunzione di rinuncia stabilita dallo stesso articolo, con conseguente inammissibilità per difetto di interesse dell’appello proposto senza assolvere all’onere di riproposizione.
5.4. Tutto ciò premesso, deve allora rilevarsi che nel censurare la dichiarazione di inammissibilità del ricorso di primo grado la Co. non ha nondimeno riproposto nel proprio appello i motivi di impugnazione dedotti in primo grado, che devono pertanto intendersi rinunciati.
5.5. Per completezza il Collegio osserva che non ricorre nella fattispecie neppure la lesione del diritto di difesa: ipotesi espressamente prevista di annullamento con rinvio al primo giudice ai sensi dell’art. 105 Cod. proc. amm). Infatti, la questione pregiudiziale che ha determinato la chiusura in rito del processo, eccepita dalla controinteressata sin dal primo difensivo, è stata sottoposta all’attenzione delle parti dal Tribunale – il quale le ha al riguardo informate del suo intendimento di definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 Cod. proc. amm. – ed è stata oggetto di dibattito processuale, con precisazione delle rispettive posizioni formulate in udienza dai procuratori delle parti costituite.
6. In conclusione, al mancato assolvimento da parte dell’appellante dello specifico onere di riproposizione delle censure dedotte e delle domande formulate nel primo giudizio, ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., consegue l’inammissibilità dell’appello proposto.
7. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna Co. s.r.l. al pagamento delle spese di giudizio a favore della Co. s.c.a.r.l. che liquida forfettariamente in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre I.V.A., C.P.A. ed altri accessori se per legge dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero – Presidente FF
Valerio Perotti – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere, Estensore
Stefano Fantini – Consigliere
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